Lucia Angeloni
Lucia Angeloni nasce a Perugia, vive e lavora a Gubbio, Fraz. Monteluiano.
Ha conseguito il Diploma presso l’Istituto Statale d’Arte Applicata sezione Ceramica e il Diploma all’Accademia di Belle Arti di Perugia sezione Pittura.
Ha frequentato successivamente il corso di specializzazione per Operatore Ceramista. Insegnante di Discipline Pittoriche ha partecipato a mostre d’arte di pittura e ceramica in Italia e nel mondo.
I piatti, le ciotole, i vasi
Pur valutando la ceramica come mezzo plastico autonomo, atto cioè al raggiungimento di una pura espressione artistica, Lucia Angeloni ha sempre mostrato di tenere in profonda considerazione l’oggettistica, ossia di attribuire una funzione estetica a veri e propri archetipi fittili come il piatto, la ciotola, il vaso, dei quali intere schiere di giovani artisti hanno da tempo cominciato a cogliere poeticamente – come già è stato rilevato – «l’infinita perfettibilità e virtualità». Ciò anche tramite un confronto tra pratica artistica e artigianale, capace di «trasformare l’efficiente forma utilitaria in una forma simbolica pregnante di significato».
I lustri, le borchie, lo ‘scanso’
Le ceramiche di Lucia Angeloni rappresentano il frutto di un impegno creativo e intellettuale orientato verso l’innovazione, ma tengono altresì conto di tecniche e modelli tradizionali, tipici della stagione rinascimentale di Gubbio. A questo momento aureo della maiolica locale rimandano certi partiti ed elementi decorativi, e soprattutto i lustri ai resinati e le riflessature dorate, che alludono all’uso dei riverberi tipico delle botteghe cinquecentesche eugubine. Anche la tecnica dello ‘scanso’ (una specie di moderna cuerda seca) è utilizzata per simulare e interpretare i raffinati decori par enlevage delle ceramiche di Mastro Giorgio, così come gli elementi ornamentali in rilievo richiamano alla mente quelle ‘coppe abborchiate’ che presentano sulla parete motivi rilevati, con un’alternanza di superfici concave e convesse assai favorevole allo sfavillio dei lustri.
Il lavoro femminile
In queste ceramiche sono poi espliciti i rimandi all’universo e, specialmente, al lavoro femminile. Piatti, ciotole e vasi vengono sottoposti a strappi, lacerazioni, deformazioni plastiche, e poi a vere e proprie ricuciture con filamenti di argilla dorata: un’esplicita allusione alla millenaria confidenza delle donne con l’ago ed il filo, nobilitata dalla riflessatura metallica che l’Angeloni conferisce a questi inserti. Inoltre c’è l’alone ‘culinario’, direi quasi ‘dolciario’, che tali opere si portano dietro senza volerlo, con singolare sinestetismo, grazie alle loro morbide forme, alle loro decorazioni abbondanti, alla loro cromia resa ancor più ‘appetitosa’ da uno smalto che sembra quasi una glassa. Anche in ciò è ravvisabile un riferimento ad occupazioni tradizionalmente attribuite alle donne (Mani in pasta si intitolava una mostra pesarese di qualche anno fa, dedicata all’arte e all’imprenditorialità femminile).
Il postmodernismo
Da una base di partenza che affonda le sue radici in alcuni esiti della rivoluzione espressiva degli anni cinquanta, Lucia Angeloni perviene ad una ceramica caratterizzata da una gamma variegata di colori, dorature preziose e lustri raffinati, da fogge morbide e piene, arricchite da applicazioni, frangiature, borchie, filamenti. Questa sovrabbondanza ornamentale e decorativa, aliena da problematizzazioni ideologiche e concettuali, assieme alle forme a volte vistosamente manipolate, inquadra l’operare dell’Angeloni in una sorta di postmodernismo quasi memore delle avvisaglie di questo gusto, ravvisate da taluni critici proprio nel mondo della ceramica ed in manifatture, come la Pucci di Umbertide, assai prossime al territorio eugubino.
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